Cosa accomuna Ascoli Piceno a Trieste, Torino, Venezia, Vicenza, Padova, Cosenza e tante altre città italiane?
Molto spesso il minimo comun denominatore della nostra Bella Italia è la presenza, nel cuore del centro città, di un locale storico.
Se dici Caffè Florian, pensi a Venezia, se dici Pedrocchi, pensi a Padova e se dici Meletti ti viene in mente solo Ascoli Piceno.
Il Caffè Meletti, con l’andar del tempo è divenuto il simbolo del Piceno al pari dell’Oliva all’Ascolana e giustamente fa parte dell’Associazione dei Locali Storici d’Italia che nel suo almanacco, così lo descrive:
Istituzione e salotto delle idee, per anni fu sede del “Senato”, sodalizio dei notabili della città. Rara espressione del Liberty nelle Marche, con decorazioni floreali e arredi originali perfetti. Re Vittorio Emanuele fece visita nel 1908 e 1910 per acquistare l’Anisetta e lo decretò “Fornitore della Real Casa”. Mascagni avrebbe iniziato qui a scrivere l’opera “Lodoletta”. Guttuso, alla fine della Seconda Guerra, vi progettò la rivista “L’Orsa Maggiore”. Sono passati Stuparich, Zandonai, Badoglio, Sartre, Hemingway e Trilussa che, goloso dell’Anisetta, scrisse “Quante favole e sonetti m’ha ispirato la Meletti”.
Tra un aperitivo ed un caffè, al bancone del Meletti si sono avvicendate molte generazioni di ascolani ed è perciò che questo locale ricco di fascino conserva la Storia dell’intera città.
I tavolini dell’ultracentenario locale di Piazza del Popolo rappresentano un vero e proprio trait d’union intergenerazionale.
Sin dal giorno dell’apertura, il 18 maggio 1907, il Caffè ha legato la sua fama a Silvio Meletti che qualche anno prima, nel 1870, aveva fondato una distilleria mettendo a profitto una lunga tradizione familiare.
In breve l’Anisetta Meletti, prodotta ancora oggi, diventò liquore a base di anice più celebrato d’Italia.
“Passeggiare per le strade di Ascoli Piceno, per i vicoli divisi tra ombra e sole, equivale a sfogliare a caso un libro di storia dell’arte italiana, imbattendosi nelle illustrazioni più rappresentative ed espressive”
Parola di Jean Paul Sartre al quale i tavolini del Meletti ricordavano, forse, quelli del suo amato Café de Flore a Saint-Germain-des-Prés.
Al giorno d’oggi questo posto pieno di storia conserva un’atmosfera piacevolmente fané che ne fa al tempo stesso punto d’osservazione privilegiato sulle pochezze del mondo, ritrovo di intellettuali, ombelico della città, luogo fuori dal tempo: il Meletti è tutto questo e molto di più.
Durante uno dei suoi viaggi “alla ricerca dei vini genuini”, Mario Soldati, in un tardo pomeriggio dell’autunno del 1970, varcò per la prima volta la soglia del Meletti e così annotò:
“L’interno del Caffè Meletti, ideale centro dispensatore dell’antica, deliziosa Anisetta, è, invece, un intatto liberty.
Viene al nostro tavolo il dottor Silviano Meletti in persona, che stranamente assomiglia, non solo nei tratti ma persino nei gesti e negli sguardi al nostro Gianmaria Volonté nell’ultimo film di Petri. Non ama, però, sentirselo dire”.
Poco prima aveva ammirato Piazza del Popolo “all’ora del passeggio” restandone fortemente impressionato.
D’estate, quando i tavolini del Caffè Meletti invadono pacificamente una porzione della piazza, l’effetto amarcord è assicurato.
Giorgio Manganelli, il grande “viaggiatore da scrivania”, negli anni ’80 interrogandosi per gioco sull’esistenza reale di una città chiamata Ascoli Piceno scrisse:
“Rammento di aver bevuto l’anisetta in una piazza estremamente decorativa; ritengo improbabile che una piazza così fatta esiste veramente; probabilmente è un’allucinazione, come la parola rua per designare una strada, o le olive ripiene”.
Come volevasi dimostrare: il Caffè Meletti è al primo posto fra i souvenir della città di travertino almeno quanto le olive all’ascolana, l’anisetta e la monumentale Piazza del Popolo col Palazzo dei Capitani e la Chiesa di San Francesco.
Dalla primavera del 2013 il Caffè Meletti si è dotato anche di un apprezzato ristorante gourmet che si prefigge lo scopo di valorizzare la tradizione e le eccellenze del territorio: i ghiottoni erranti sono avvisati!
Ma il Meletti per noi è una tradizione di famiglia: il nonno ci portava nostro padre quando indossava ancora i calzoni corti; noi ci siamo entrati per la prima volta da neonati sulle braccia della mamma ed oggi, ci andiamo con i nostri figli a prendere le paste per il pranzo della domenica.
Lunga vita al Caffè Meletti!